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Guida alpina e accompagnatori di media montagna. Profili professionali, riserve di legge e volontariato. Uno studio dell’Avv. Roberto Ruggiero

Avv. Roberto Ruggiero

La legge nazionale 2 gennaio 1989 n. 6 stabilisce i principi fondamentali per la legislazione regionale in materia di ordinamento della professione di guida alpina (art. 1). Questi sono indicati all’art. 2 che va letto in relazione all’art. 21 della legge.

L’art. 2 – rubricato “Oggetto della professione di guida alpina” – definisce guida alpina

chi svolge professionalmente, anche in modo non esclusivo e non continuativo, le seguenti attività: a) accompagnamento di persone in ascensioni sia su roccia che su ghiaccio o in escursioni in montagna; b) accompagnamento di persone in ascensioni sci-alpinistiche o in escursioni sciistiche; c) insegnamento delle tecniche alpinistiche e sci-alpinistiche con esclusione delle tecniche sciistiche su piste di discesa e di fondo.

Lo svolgimento a titolo professionale delle attività di cui al comma 1, su qualsiasi terreno e senza limiti di difficoltà e, per le escursioni sciistiche, fuori delle stazioni sciistiche attrezzate o delle piste di discesa o di fondo, e comunque laddove possa essere necessario l’uso di tecniche e di attrezzature alpinistiche, è riservato alle guide alpine abilitate all’esercizio professionale e iscritte nell’albo professionale delle guide alpine istituito dall’articolo 4, salvo quanto disposto dagli articoli 3 e 21”.

Per quanto riguarda la Toscana1, la suddetta normativa andrà letta in combinato disposto con la legge regionale di riferimento, nello specifico la legge regionale 20 dicembre 2016, n. 86 al cui art. 145 fornisce la definizione dell’attività di guida alpina, ricalcando peraltro le determinazioni fornite dalla normativa nazionale.

È fondamentale determinare l’ampiezza delle attività professionali che la specifica normativa di cornice contenuta nella legge n. 6 del 1989 e riferita alle guide alpine riserva a tale figura; attività che, a motivo di tale riserva, non possono essere attribuite ad altre figure professionali operanti nell’ambito turistico. Da questo punto di vista, peraltro, ciò che distingue effettivamente tale figura professionale è, sulla base di quanto previsto dalla legge n. 6 del 1989, non già una generica attività di accompagnamento in aree montane. Difatti, la legge n. 6 del 1989 dispone altresì, all’art. 21, che le Regioni possano disciplinare la formazione e l’abilitazione di “accompagnatori di media montagna”, operanti in aree parzialmente diverse da quelle riservate alle guide alpine, prevedendo che questa specifica attività professionale si svolga sotto la vigilanza del collegio regionale delle guide alpine, d’intesa con la Regione interessata. Si tratta però di una figura professionale facoltativa, che le Regioni possono disciplinare o meno. L’Accompagnatore di media montagna è colui che svolge l’attività di accompagnamento di persone negli stessi ambienti indicati dall’art. 2 della legge nazionale, con esclusione delle zone rocciose, dei ghiacciai, dei terreni che richiedono l’uso di corda o piccozza o ramponi per la progressione e dei terreni innevati e illustra alle persone accompagnate le caratteristiche dell’ambiente montano percorso.

Pertanto, nel caso in cui la progressione avvenga su terreni innevati, anche senza l’ausilio di corda, o piccozza, o ramponi, è comunque attività che deve essere svolta dalla Guida alpina.

Il legislatore nazionale per indicare se l’attività di accompagnamento di persona sia propria di una guida alpina o di un accompagnatore tiene pertanto da conto il tipo di attrezzo che viene usato per la progressione su terreno di montagna e il terreno (roccioso o su ghiaccio) e come ultimo criterio se il terreno sia innevato.

La legge regionale summenzionata ha individuato, fra le diverse “professioni turistiche di accompagnamento” anche la “guida ambientale”. È guida ambientale, ai sensi dell’art. 122

chi, per professione, accompagna persone singole o gruppi assicurando la necessaria assistenza tecnica, nella visita di ambienti naturali, anche antropizzati, di musei eco-ambientali, allo scopo di illustrarne gli elementi, le caratteristiche, i rapporti ecologici, il legame con la storia e le tradizioni culturali, le attrattive paesaggistiche, e di fornire, inoltre, elementi di educazione ambientale. Sono esclusi i percorsi che richiedono comunque l’uso di attrezzature e di tecniche alpinistiche”.

Per quanto sopra enunciato e presa in considerazione la normativa di riferimento, appaiono del tutto chiari gli ambiti di competenza delle diverse figure professionali. Tuttavia, occorre operare un passaggio logico-giuridico ulteriore, attinente alla comprensione del significato giuridico di accompagnatore-accompagnato e al rapporto che li lega, per poi inquadrarne con precisione la rilevanza in concreto.  Non si ometta inoltre di evidenziare che le categorie indicate rientrano nelle professioni intellettuali protette, per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi, trovando dunque solida applicazione l’apparato normativo ex art. 2229 ss. c.c.

Il termine accompagnatore pone riferimento a chi accetta di unirsi ad altre persone per compiere o per portare a termine una gita o una scalata, assumendosi – espressamente, tacitamente o anche solo nei fatti – la responsabilità di offrire loro collaborazione e protezione, in proporzione alla differenza di capacità e di esperienza fra l’accompagnatore e gli accompagnati.

Assunta la figura di accompagnatore, segue un potere direttivo a cui specularmente si contrappone una soggezione degli accompagnati, deputati a ottemperare puntualmente alle prescrizioni impartite; siffatta attività comporta una crescita della percezione di sicurezza per questi ultimi, consci che la gita o la scalata si terrà in condizioni di sicurezza grazie alla presenza di un professionista. Proprio siffatto affidamento connatura e differenzia il compito dell’accompagnatore rispetto al mero compagno di gita o scalata: in tal caso, l’accordo ha oggetto esclusivamente un aiuto reciproco volto alla diminuzione dei pericoli e distante dalla volontà di assoggettare il patto all’ordinamento giuridico.

La scelta di riporre la propria fiducia affidandosi a una guida alpina o a un accompagnatore di media montagna è sorretta, essenzialmente, dalle motivazioni che seguono: in primis incrementa la percezione di sicurezza dell’escursionista; in secundis solitamente il professionista illustrerà le caratteristiche peculiari dei luoghi, consentendo di non fungere da meri spettatori passivi del panorama; inoltre l’accompagnatore, conoscitore del territorio e della cultura montana, avrà la prontezza di reazione innanzi a evenienze improvvise. Infine, gli utenti ricorrono a una guida per migliorare la propria capacità tecnica nell’affrontare i percorsi.

Il rapporto che intercorre fra guida e cliente è indiscutibilmente di natura contrattuale, che trae la propria origine dall’accordo tra le parti a cui sono sottesi interessi contrapposti: da un lato, la guida alpina mira a percepire un compenso derivante dalla propria prestazione d’opera, dall’altra, per converso, i clienti perseguono un interesse di natura non economica rappresentato dall’appagamento avvertito nel percorrere i sentieri alpini.

Le obbligazioni che sorgono dalla positiva conclusione delle trattative contemplano reciproci obblighi che concorrono al mantenimento di un grado accettabile di sicurezza durante l’esecuzione della prestazione della guida (un vero e proprio debitore). Difatti, alla guida alpina (o all’accompagnatore di media montagna) verrà pretesa una diligenza non generica a mente dell’art. 1176 c.c., 2° comma, che prescrive che nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata.

Da ciò si evince che l’obbligo gravante sulla guida non consisterà esclusivamente nell’accompagnamento dei clienti da un luogo “a” verso una località “b”, bensì sarà connaturato – anche – da una serie di cautele volte a ridurre ai minimi termini i plausibili pericoli dell’escursione.

Per tutto ciò, la guida alpina è tenuta preliminarmente: a) a valutare con estrema accuratezza la tipologia di clientela e le differenze all’interno del gruppo; b) a predisporre un percorso idoneo alla capacità fisica e tecnica dei partecipanti; c) a calare la decisione de qua nella realtà attuale, astenendosi dall’accompagnamento allorquando la situazione di fatto sia in grado di esporre a pericoli il gruppo (come ad esempio è sconsigliabile un’escursione in zone impervie in caso di avverse previsioni meteo); d) a consigliare l’adeguato equipaggiamento e accertarsi, ancor prima della partenza, che ogni persona ne sia munita.

Esaurita la prodromica fase di studio, in ambiente la guida dovrà costantemente vigilare la condotta del gruppo, fornendo le indicazioni necessarie onde scongiurare il verificarsi di episodi pregiudizievoli.

Oltre al versamento del corrispettivo, gli utenti – concorrendo al mantenimento di un gradiente accettabile di sicurezza – hanno l’obbligo (e non l’onere) di attenersi puntualmente alle prescrizioni della guida. In caso di violazione consapevole delle regole sancite, sia nella fase statica sia nella fase dinamica dell’escursione, non potrà sussistere alcuno specifico affidamento riposto nel professionista – da cui discende l’obbligo di protezione e non di solo accompagnamento – giacché la sua prestazione verrà ridotta a mera indicazione della via da percorrere.

Quelle evidenziate le principali obbligazioni scaturenti dal contratto di prestazione d’opera avente a oggetto l’accompagnamento in montagna.

Pertanto, nel caso di specie si evidenzia che l’iniziativa di “accompagnamento sulla via ferrata al Monte Procinto” organizzata da un’Associazione affiliata FIE era rivolta unicamente ai tesserati FIE. Questi ultimi non concludono alcun contratto con l’accompagnatore – qualora tale figura sia prevista – quale professionista abilitato, di conseguenza gli eventuali contributi ai partecipanti sono richiesti ed incassati dall’Associazione e non dall’accompagnatore. A questo punto è da verificare quali siano le caratteristiche dell’escursione come voluta dall’Associazione. Qualora sia organizzata con l’ausilio di un accompagnatore da intendersi come figura professionale portatore di un potere direttivo a cui specularmente si contrappone una soggezione degli accompagnati, deputati a ottemperare puntualmente alle prescrizioni impartite; comportando tale attività una crescita della percezione di sicurezza per i partecipanti, consci l’attività si terrà in condizioni di sicurezza grazie alla presenza di un professionista, l’accompagnatore dovrà essere scelto, secondo le regole già enunciate in precedenza (legge nazionale 6/89 e legge regionale 86/2016) e non derogabili.

Qualora al contrario l’Associazione preveda la presenza di un accompagnatore ma che conduca l’iniziativa in assenza dei vincoli della professionalità, e quindi il rapporto tra l’accompagnatore e i partecipanti si caratterizzi esclusivamente in un aiuto reciproco volto alla diminuzione dei pericoli e distante dalla volontà di assoggettare il patto all’ordinamento giuridico, non trovano applicazione le regole che impongono la presenza di Guida alpina. Valga in ultimo la pena di ricordare che, in ogni caso il tesseramento FIE comprende una polizza assicurativa che copre i Tesserati sino al terzo livello di difficoltà alpinistica.

  1. Il quesito era stato posto da un’Associazione affiliata FIE della Toscana.
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