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I cartaginesi maestri di costruzioni stradali

Dopo che, nel luglio 2017, si sono avviate approfondite ricerche per stabilire se, realmente, Annibale abbia valicato le Alpi nei dintorni del Monviso nel 218 a.C., mossi dalla curiosità abbiamo effettuato alcune ricerche. Quello che ci interessava, in primo luogo, era capire se il metodo che si ritiene sia stato usato per aprirsi dei varchi all’interno di terreni rocciosi, ovvero quello di portare a incandescenza la pietra e poi cospargerla di aceto, fosse solo una leggenda o avesse qualche base storica; in secondo luogo, volevamo cercare di capire come avessero fatto i romani a costruire la loro rete stradale, incredibilmente articolata e tuttora in parte visibile.

Grazie a Google libri, ci siamo imbattuti in un’opera della pima metà dell’Ottocento, ovvero il Trattato teorico e pratico dell’arte di edificare di G. Rondelet (prima traduzione italiana sulla sesta edizione originale con note e giunte importantissime per cura di Basilio Soresina, seconda edizione, Tomo II, parte seconda, Mantova 1833). Ne riportiamo un breve estratto, dalle pagine 14 e 15, nel quale troviamo la traduzione di una breve descrizione del metodo di Annibale tratta dal libro XXI della Storia Romana di Tito Livio.

[…] Augusto fece aprire nello stesso modo molte vie nelle Alpi. Quella che attraversava il Monte Cenisio dirigevasi a Lione, d’onde molte altre partivano conducenti nell’interno della Francia. Questa via passava per Susa sotto un arco trionfale vicino a questa città, eretto in morte di Augusto da Cotius re d’una parte delle Alpi all’interno. Di questa via non rimangono più che alcune vestigia ed antichi piloni di ponti in muratura che ne indicano una traccia.

Ma molto prima di quest’imperatore, i Cartaginesi condotti da Annibale avevano saputo aprirsi una via a traverso di tali roccie inaccessibili. Il passaggio delle Alpi è sempre riguardato a ragione come uno dei fatti più gloriosi di questo valente capitano, e la prontezza con cui lo effettuò, al dire degli storici, non produse minor meraviglia che la potenza dei mezzi che mise in opera per trionfare dei principali ostacoli. Ecco ciò che Tito Livio riferisce su ciò, nel Libro XXI della sua Storia Romana:

Indi condotti i soldati a spianr quella rupe, che sola poteva aprire il passo, dovendosi spaccare quel macigno, atterrati e diramati gli alberi immensi ch’eran d’intorno, alzano una gran catasta di legne, e vi appiccano il fuoco, essendosi anche levato un vento atto a rinforzarlo, e versato aceto su que’ sassi roventi, gli distemprano. Così squarciano col ferro quella rupe cotta dal fuoco; e con leggiere svolte addolciscono la calata in modo, che possono discender e non solo i giumenti, ma anche gli elefanti.

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