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Parlando di meteorologia e cambiamento climatico con il prof. Mercalli – Parte prima

Martedì 23 giugno alle ore 21, organizzata dal Comitato Regionale del Piemonte, si è tenuta una videoconferenza con il prof. Luca Mercalli, scienziato e divulgatore notissimo anche al grande pubblico televisivo. All’incontro hanno avuto modo di partecipare diversi tesserati da ogni parte d’Italia e, considerando il dibattito conclusivo, l’incontro è durato oltre un’ora e mezza.

Si potrebbe presentare una trascrizione integrale di quanto è stato detto, ma – a parte la lunghezza notevole – la lettura sarebbe difficoltosa. Abbiamo quindi deciso di presentare i contenuti della serata, sottoponendoli a una leggera revisione, in tre distinti articoli: il primo tratterà di meteorologia, il secondo del cambiamento climatico e nel terzo tenteremo una sintesi del dibattito.

Detto questo, possiamo iniziare ad affrontare la tematica della meteorologia. La parola al prof. Luca Mercalli.

Luca Mercalli

Allo stato attuale dell’arte, le previsioni meteorologiche hanno la validità di una settimana. Come è logico, però, la loro precisione è diversa in funzione della vicinanza della data presa in esame e, quindi, più questa è distante, più le previsioni sono generiche. Alla distanza temporale di sette-otto giorni una previsione è soltanto indicativa; i meteorologi non sono in grado di fornire dettagli. Dal punto di vista pratico, ciò si traduce in questo modo: si consulta il bollettino di previsione per pianificare, ad esempio, un’escursione per il fine settimana. Già a questa distanza temporale posso capire se proseguire nell’organizzazione o meno perché potrei riscontrare l’arrivo di una perturbazione di enormi dimensioni oppure se ci sono degli spazi di manovra accettabili. Però non ho i dettagli.

Un consiglio utile è quello, una volta presa la decisione di massima, di verificare la previsione ogni giorno, ogni due giorni dato che questa diventa sempre più dettagliata e affidabile. Mai fermarsi alla previsione vista sette giorni prima, perché può cambiare anche in modo significativo. In certe situazioni è molto stabile: quando abbiamo quelle alte previsioni che durano anche alcuni mesi è ovvio che il mestiere del meteorologo è facile. In quel caso le variazioni sono pochissime. Ma quando ci troviamo in situazioni vivaci, e nei giorni scorsi abbiamo avuto degli esempi, con i temporali continui, allora la previsione che è valida è quella sulle ventiquattro ore, quarantotto ore al massimo. Quella che scende al livello dei dettagli e vi dice le ore delle possibili precipitazioni, pomeriggio rispetto alla mattina, oppure le porzioni del territorio che possono essere interessate da un determinato fenomeno. Mai basarsi sulla previsione a sette-otto giorni per fare una pianificazione di precisione.

Previsioni del tempo sull’Italia. Una delle classiche immagini cui televisioni e Internet ci hanno abituato

Dal punto di vista delle fonti per il reperimento delle informazioni, su Internet troviamo un po’ di tutto, compresi siti di cattiva qualità. Il consiglio è quello di utilizzare le fonti ufficiali, che in Italia sono molte, forse persino troppe. Ci sono fonti nazionali, che danno un’idea generale, ma non scendono nel dettaglio del territorio. Pensiamo all’Aeronautica Militare, che è il nostro servizio meteorologico nazionale: fornisce previsioni divise per regioni, ma non ha un bollettino di previsione per esempio sulla montagna.

Ci sono poi tutti i servizi delle Arpa regionali. Sono quasi tutti gestiti a livello regionale, non tutte le Regioni hanno la loro Arpa e questa è un’anomalia tutta italiana, per cui non abbiamo uno standard univoco e preciso.. Comunque, la maggior parte delle regioni italiane ha l’Agenzia Regionale per l’Ambiente che gestisce un servizio meteorologico. Da un lato questo è sicuramente un bene, ma a volte è anche un problema. Il bene è che la previsione è dettagliata sul territorio, quindi se faccio un’escursione in un posto preciso, ad esempio sull’Appennino modenese, vado a vedermi le previsioni dell’Arpa Emilia-Romagna. Qui trovo tutte le informazioni necessarie. Ma, se nel corso del cammino, sconfino in Toscana, cosa faccio? Devo controllare un secondo bollettino meteorologico. Questo è il problema della frammentazione; pianificando movimenti su territori amministrati da regioni diverse devo consultare magari due o tre bollettini – sempre di fonte ufficiale, sempre di tipo pubblico – forniti da regioni diverse.

Infine, ci sono i servizi privati – chiamiamoli così… E qui si trova davvero di tutto su Internet. Molti hanno l’obiettivo di vendere la loro previsione, altri quello di vendervi della pubblicità. In questi casi l’elemento più importante non è la previsione meteorologica, ma il numero di persone che visualizzano un determinato messaggio commerciale, e i navigatori ne sono vittime, perché si osserva il bollettino di previsione, magari nemmeno molto valido, e si viene immersi in un apparto pubblicitario che cerca di proporvi qualunque cosa.

Il consiglio è quindi quello di cominciare sempre dai siti ufficiali, quelli pubblici, quelli gestiti dalle strutture per le quali tra l’altro paghiamo le tasse. È quindi giusto utilizzarli e, se del caso, stimolarli: nel senso che se uno non è soddisfatto, scrive e segnala i problemi che ha riscontrato con una determinata previsione. Oggi la qualità di questi servizi è elevata un po’ in tutta Italia. ed è procedura affidabile consultare i siti delle Arpa per pianificare le nostre escursioni.

Uno dei problemi che si possono riscontrare a causa della frammentazione del servizio di previsione meteorologica è quello delle diverse durate di previsione. Ci può essere il sito che offre la previsione a tre giorni, quello a due, quello a sei, quello a otto. Bisogna quindi fare una ricerca e andare andare a prendere l’informazione sul sito della regione in cui si vuole operare.

In tema di previsioni meteorologiche, è necessario osservare che ci sono previsioni più facili e affidabili e altre più difficili e incerte. Ogni giorno dell’anno non è uguale ad un altro. In genere, d’inverno le previsioni sono più affidabili, perché le perturbazioni che arrivano dall’Atlantico o dal Mediterraneo, oppure i grandi anticicloni, quelli che d’inverno non fanno mai piovere per dei mesi e tengono le nebbie in pianura, sono delle strutture molto ampie, anche migliaia di chilometri e quindi hanno un comportamento facile da prevedere.

Temporale estivo sul mare

D’estate, il problema sono i temporali. Questi hanno una scala limitata. Stiamo parlando di aree talvolta di pochi chilometri. Chi fa escursionismo lo sa benissimo che un temporale può colpire un paese, mentre su quello vicino picchia il sole. I temporali possono colpire addirittura soltanto una striscia di territorio. Qualcuno si ritrova bersagliato dalla grandine, mentre a poche centinaia di metri c’è solo un po’ di pioggerella o addirittura si è all’asciutto. Il problema con i temporali è proprio questo: essendo dei fenomeni a scala molto piccola e locale, non si può mai dire dove e a che ora colpiranno con precisione, a differenza di una grossa perturbazione invernale. Quando su un bollettino si scrive: nel pomeriggio inizierà a nevicare sulle Alpi occidentali a partire dal confine francese e via via il fronte della perturbazione si sposterà sulla Pianura padana, posso farlo perché c’è una grande omogeneità in questo tipo di segnali. D’estate, invece, dico: temporali sparsi sulle zone pedemontane piemontesi, od orobiche, bergamasche, è molto più difficile. Non si può dire con precisione il luogo, magari il temporale ci sarà da un’altra parte.

In questo caso il consiglio è che se non ci troviamo di fronte a una situazione di temporali a tappeto, diffusa su tutte le regioni e che viene indicata sui bollettini, ma a quella di temporali latenti che un po’ ci sono un po’ no, non vale la pena di buttare la giornata e dire: no, non esco di casa, non faccio l’escursione perché c’è questo rischio. Conviene uscire lo stesso, consapevoli che in genere i temporali estivi sono nel tardo pomeriggio, consapevoli che bisogna tenere gli occhi aperti. Aspettatevi che qualcosa succeda e tenete gli occhi aperti nella zona in cui siete. Se vedete il cielo che effettivamente degenera rapidamente e i classici cumulo-nembi, allora è chiaro che sapete già che può capitare e vi predisponete a un piano B, che può essere rappresentato dalla mantellina o alla pianificazione di un’escursione nella quale sapete che in certi orari siete in prossimità di un riparo. Se invece ci troviamo di fronte a una situazione generalizzata allora è chiaro che in quel caso i temporali sono sicuri un po’ ovunque e può essere saggio restare a casa.

Lo spettacolo dei fulmini

I temporali rappresentano un problema soprattutto per i fulmini, dal punto di vista della sicurezza. A questo proposito, ricordatevi una semplice regoletta: il fulmine colpisce le punte. Non colpisce il ferro, gli anelli, le catenine; queste sono tutte leggende metropolitane. Colpisce le punte: non per niente il parafulmine è una punta; se viene costruito in ferro o metallo è perché deve condurre la corrente al suolo. Quindi, cercate di non essere voi la punta. Quando siamo in escursione, se siamo in un bosco o in una zona con degli alberi, non stiamo sotto l’albero e in ogni caso non tocchiamo l’albero perché in questo caso la punta è albero. Se il fulmine cade proprio su quello e voi siete a contatto prendete la scarica. Quindi, in un bosco, si deve stare spostati dai tronchi, in mezzo fra l’uno e l’altro. E se l’albero è isolato non bisogna assolutamente stare sotto l’albero isolato. Niente punte che possono essere rappresentate da costruzioni basse, tipo la classica cappelletta. La cappella è piccola, la punta l’avete a mezzo metro sopra la vostra testa. Se vi riparate lì per la pioggia e il fulmine arriva la scarica la prendete anche su di voi.

Il problema maggiore sono i luoghi esposti, dove non c’è niente e la punta siete voi. Se c’è un campanile il fulmine quasi sicuramente cadrà sul campanile o sull’albero più elevato.Se non c’è niente la punta è la vostra testa. In questo caso, allora, niente ombrello, che è come chiamare il fulmine, niente picozze o bastoncini che hanno le punte magari fissate dietro lo zaino. In certi casi conviene la posizione accovacciata, meglio se in una piccola depressione del terreno. Se vi trovate sul classico pascolo, o anche su una spiaggia, cercate una zona dove si trova un piccolo avvallamento, un piccola conca e vi posizionate lì dentro, in modo che la vostra testa sia il più possibile al livello del suolo circostante, per evitare di fare l’effetto punta. E aspettate che passi la parte peggiore del temporale, a costo di bagnarvi. Bagnatevi, è solo acqua, pazienza. Ma almeno evitate il fulmine che può essere fatale.

Posizione di difesa dai fulmini, così come suggerita dalla Wilderness Medical Society

Un’ultima indicazione importante. Nella posizione accovacciata, tenete i piedi uniti, per evitare quella che si chiama corrente di passo. Se i piedi stanno distanti, il fulmine che non cade su di voi, ma sul terreno, entra da un piede ed esce dall’altro, con una intensità più bassa. E questo fa scorrere la corrente elettrica dentro il corpo. Se i piedi sono vicini, l’intensità è identica. La corrente non passa dentro di voi, passa solo nel suolo. Non viene stimolata a passare dentro al corpo, dove magari passa nel cuore e lo ferma. Questo è il motivo per cui gli animali muoiono molto più frequentemente quando arriva il fulmine. D’estate si sentono notizie del tipo: mandria con cento mucche uccise da un fulmine. Avendo gli animali quattro zampe, hanno quattro punti di contatto con il terreno. Il fulmine, in qualsiasi punto cada sul suolo, trasmette la corrente attraverso una delle varie zampe con uscita da quella più lontana, passando all’interno del corpo. E quindi è più frequente che i quadrupedi, soprattutto le vacche che sono più grandi, vengono uccisi dai fulmini. Noi rischiamo se rimaniamo a piedi divaricati; se stiamo a piedi uniti non rischiamo quasi nulla. Quindi la posizione giusta è quella a uovo, per non fare l’effetto punta con la testa, e a piedi uniti per evitare la corrente di passo.

Questa è una informazione importante per chi va a fare escursioni nel periodo estivo e aspira alla massima sicurezza. Invero, ci sono dei posti dove fare quanto precedentemente consigliato è impossibile – ma questo discorso è valido più per l’alpinista che per l’escursionista – come la classica cengia o una cresta. Lì ci si trova come su una lama ed è più difficile assumere la posizione a uovo. L’unico modo, quindi, è quello di ritirarsi subito in un luogo più facile e sicuro, non appena si vede arrivare il temporale.

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